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sabato 29 dicembre 2012

ESCE IL LIBRO DI MARCO PINOTTI: "IL MESTIERE DEL CICLISTA"


Marco Pinotti, 36 anni
ESCE NELLE EDICOLE "IL MESTIERE DEL CICLISTA" LIBRO SCRITTO DA MARCO PINOTTI, L'ITALIANO CORRIDORE DELLA BMC. TRA I MOLTI TEMI TRATTATI, NATURALMENTE, NON POTEVA MANCARE LA QUESTINE DOPING, ECCO ALCUNI ESTRATTI.

Come molti sapranno Marco Pinotti ha pubblicato recentemente un'autobiografia che ci illustra alti e bassi dei suoi 14 anni di professionismo. Il titolo del lavoro è:  "Il mestiere del ciclista". Il 36enne bergamasco di Osio Sotto confida una certa passione per la scrittura e dice: "Mi è sempre piaciuto scrivere, tanto che
da diverso tempo collaboro con "L'Eco di Bergamo". Due anni fa il giornalista Gino Cervi mi ha proposto di ampliare il discorso, da allora ho cominciato a prendere appunti ed il tutto ha preso forma. Ma oltre agli addetti ai lavori che possono ritrovare fotografie, aneddoti e tanti particolari curiosi, ho pensato di rivolgermi soprattutto alla gente per rispondere a tutte quelle domande che mi sono state poste a più riprese, molte delle quali dal mio punto di vista di corridore sembravano banali, ma che effettivamente non lo erano". Eccone alcuni stralci riguardanti la calda questine doping :


"Alcuni anni fa, insieme al mio coach, Omar Beltran, ho cominciato a intraprendere un percorso di fitness e di formazione deviando dai metodi tradizionali. Omar ebbe una visione, che riuscì a mettere per iscritto, un assaggio del suo modo di lavorare e di pensare si trova nel suo libro "Il doping ecologico". In sostanza, entrambi crediamo che per implementare un cambiamento positivo della cultura e dei valori, al fianco di un deterrente e strumenti necessari, ci deve essere sempre un'alternativa; e cioè una migliore definizione del termine "vittoria", insomma, bisogna vincere una sfida con se stessi prima di tutto, piuttosto che battere un avversario in gara. Il risultato è gratificante comunque. Omar afferma che nessuno è un vincitore in guerra. Siamo in grado di combattere il doping fino in fondo, con strumenti più sofisticati e controlli su tutti gli aspetti rilevanti. Il problema del doping potrebbe accentuarsi con il trovare, da parte di atleti, nuovi modi per aggirare e sfuggire ai controlli, oppure quando proprio tali controlli diventano deboli a causa della mancanza di fondi. Come in passato infatti sono emersi nuovi farmaci rimasti per anni sconosciuti alle analisi, la stessa cosa è possibile, anzi probabile, che accada di nuovo in un futuro vicino. Il doping dovrebbe essere visto come un grande sbagliato, non paura dei controlli, ma semplicemente una cosa ingiusta da fare. Si persegue un fine con il mezzo sbagliato e poi ti lascia a mani vuote. Qualcuno crede davvero che vincere barando ci renda veramente felici? E poi siamo proprio sicuri che ne valga la pena? Al di là dei possibili effetti sulla salute, ancora più importante è parlare delle ferite recate all'anima. La cosa grave poi è che quale messaggio si passa inevitabilmente alle generazioni future. E' come nascondere dei rifiuti tossici nel proprio giardino sperando, seppellendoli, di aver risolto il problema. Lavorando con Beltran in questi anni ho imparato che a volte a prendere la strada più difficile è una buona scelta, in questo modo si possono rispettare i propri valori personali. Ci sono alcuni principi e leggi naturali che trascendono questi valori, culture, religioni diverse: c'è davvero un senso di equità, onestà, rispetto che non ha tempo ed è superiore a tutte le opinioni e diatribe. La felicità non è un risultato, ma un processo. Non abbiamo alcun controllo generale su un risultato. E la felicità non dipende da chi siamo o ciò che abbiamo. Quello che ho imparato è che abbiamo sempre una scelta e che ci sono sempre alternative. Da questa disponibilità di scelte matura la rivoluzione in noi stessi. Non c'è bisogno di aspettare. Mi sono reso conto che tutte le cose che ho imparato devono essere messe in pratica. Sapere e non fare è non sapere. Da parte mia posso dire che nel mio piccolo ho fatto, sto facendo e farò, tutto il possibile per migliorare il rapporto con questo sport e le persone che lo seguono. Nella mia professione, mi sono sentito molto più coinvolto e motivato ​​dalla pratica dello sport piuttosto che dei risultati che potevo ottenere. Certo che sono interessato ai risultati e vorrei sempre andare veloce e vincere, ma trovo altri aspetti del mio lavoro molto più stimolanti e impegnativi: il tipo di preparazione, le sensazioni fisiche, le possibilità che questo lavoro mi dà di visitare molti luoghi diversi in tutto il mondo, o semplicemente il piacere di stare all'aria aperta. Credo, e spero, che ci siano molti piloti che la pensano come me."