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giovedì 14 febbraio 2013

NEL RICORDO DI MARCO PANTANI


IL RAGAZZO CHE VENIVA DAL MARE:  MARCO   PANTANI.

I suoi avii arrivano da Sarsina , il paese di Plauto, sull’Appennino ,dove nella chiesa di San Vicino si curano gli indemoniati con un collare di ferro. Il suo collare e’ la bicicletta . I momenti che rimangono indelebili nella mente degli appassionati rimangono quel del salto di catena nella tappa di Oropa ,Giro d’ Italia 1999 , quando il meccanismo s’inceppa a otto chilometri dal traguardo e lo superano in quarantanove , però lui riparte e li infila uno dopo l’altro per vincere con ventuno secondi su Jalabert. E ancora  quella bici posta in cima all’ammiraglia il 5 Giugno 1999 , quando a Madonna di Campiglio gli controllano l’ ematocrito e lo scoprono troppo alto. 

Quel Pirata che tutti si ricordano  seduto sul ciglio della strada sotto la pioggia ,dopo la caduta  in discesa con Garzelli , in quell’ angolo sperduto di Piemonte . C’e chi lo considera il piu’ grande scalatore di ogni tempo  , lui che ha già vinto il Giro d’ Italia  e conquistato le montagne del Tour ; il suo nome è Marco Pantani ,46 vittorie in carriera . E’ il 27 Luglio 1998. Prima tappa Alpina del Tour, e Marco Pantani proverà subito a mettere in crisi il tedesco Ullrich, la maglia gialla che lo precede di quasi cinque minuti.
I Francesi , ancor più degli Italiani lo adorano e su tutti i giornali si legge ”PANTASTIQUE “ , perché Pantani non conosce il risparmio , e moltiplica le emozioni .
A vederlo si nota la sua magrezza e la sua leggerezza  e questa capacità inesausta di rialzarsi sempre .

Non lo vincono gli avversari ma il fato , un po’ come Coppi . Infatti a fermarlo fu una Jeep nella Milano-Torino dove si fracassa una gamba nello schianto ; poi in clinica si scoprirà che il suo sangue è denso come marmellata. Poi ci fu il gatto che lo fece cadere in discesa .
Pantani ruzzola , guarisce , ritorna e attacca .
A chi gli domanda cosa mai trovi su quella bici , attraversando strade da paura ,Pantani risponde in silenzio : fa segno di toccargli la gamba , che pare di legno.
Quel giorno arrivò il Galibier . Marco  protegge il viso con enormi occhiali da sciatore  , quasi una maschera  ;non vuole concedere a nessuno di leggergli dentro .  All’ improvviso durante questi 12 chilometri  di salita pura  ,Marco  stringe la parte bassa del manubrio , mette un rapporto duro , impossibile per chiunque e saluta la compagnia con uno scatto secco e deciso.
Segue una discesa di 34 chilometri molto impegnativa per l’ asfalto viscido per la pioggia . In cima alla salita si ferma ,si fa aiutare dal meccanico a mettere la mantellina per non prendere freddo ; il meccanico come fosse un bambino, allaccia la mantellina a Marco e riparte subito.
Arriva l’ultima salita verso Les Deux Alpes lunga quasi  9 chilometri . Ancora con le mani basse sul manubrio , Pantani agita nel vento  la bandana azzurra e addenta l’aria con la bocca spalancata .
Ogni gesto è disperato . romantico ,bellissimo e raro .
Fango sugli occhiali ,luce sulla pelle . Sul viso una smorfia dolorosa . Primissimo Piano : bocca aperta e occhi chiusi , per lui tappa  e conquista la sua prima maglia gialla che non lascerà fino alla fine del Tour .
Nella sua ultima lettera prima della morte scriverà :” Andate a vedere cos’è un ciclista e quanti uomini vanno in mezzo  alla torrida tristezza per cercare di ritornare con i miei sogni di uomo che si infrangono “. Le persone che lo incrociavano  per caso sull’ ascensore di quel Residence a Rimini si sono sentite dire: “ A ne so sui sarà un altr dì per me “.
Da ragazzo  andava a scuola con un coltello in tasca  per difendere i più deboli  ; il nonno Sotero regalò a Marco la prima bicicletta rossa , poi ci fu la prima tessera da corridore  per una squadra di Cesenatico ,il gruppo Cicloturistico Fausto Coppi. La leggenda iniziò da qui per non essere più dimenticata .
Nasce a Cesena il 13 Gennaio del 1970 e muore a Rimini il 14 Febbraio 2004
Indimenticabile  Marco , per tutti il Mito…



                                                 A risentirci:
                                                Giulio Carcereri