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martedì 12 marzo 2013

LA STORIA DEL DOPING EMATICO I Parte

Una delle sacche di sangue da clinica Fuentes '
SEMBRA UNA STORIA NUOVA QUELLA 
CHE RACCONTANO I GIORNALI RIGUARDO AL DOPING EMATICO, MA IN REALTA' NON E' COSI'. DOCUMENTI ATTESTANO EMOTRASFUSIONI GIA' NEL LONTANISSIMO 1930, POI TUTTO TACE PER ESPLODERE CON FORZA NEGLI ANNI 2000. MA QUALCHE AVVISAGLIA, NEL FRATTEMPO, C'ERA STATA. 



Le recenti rivelazioni da parte del quotidiano olandese De Volksrant, concerne il regime di doping della squadra PDM al Tour de France 1988, ha sicuramente sollevato più domande che risposte, in particolare per quanto riguarda l'uso di trasfusioni di sangue a partire dal 1980. In queste righe consideriamo ciò che è noto, fino ad ora, circa l'uso di trasfusioni ematiche nel ciclismo.
Quanto sappiamo circa l'uso di trasfusioni di sangue nello sport, e in particolar modo nel ciclismo? La maggior parte delle persone sarà in grado di dirvi che il finlandese mezzofondista Lasse Virén abbia fatto uso di trasfusioni già nelle ormai lontanissime Olimpiadi di Monaco e Montreal rispettivamente nel 1972 e nel 1976. La maggior parte delle persone sarà anche in grado di dirvi che Francesco Moser ha rotto il record dell'ora di Eddy Merckx, nel 1984, con l'aiuto di trasfusioni di sangue. E la maggior parte delle persone sarà in grado di raccontarvi quanto la squadra degli Stati Uniti di ciclismo, alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, vinse le sue medaglie sempre con l'aiuto di trasfusioni di sangue. Dopo di che, l'uso di trasfusioni di sangue scomparve o rimase celato dalla conoscenza di molte persone fino al 2000/2001, quando comparvero i test contro  l'EPO. Questo si dice essere il punto in cui l'orologio sia come tornato indietro, riavvolto, e la conoscenza fino ad ora accumulata riguardo le trasfusioni di sangue riscoperta "casualmente" da quel magazzino freddo e riaccostata ad un ciclismo che nel frattempo si era ormai evoluto. Le rivelazioni della Operacion Puerto, la relazione di Friburgo (2009) e la recente relazione Usada hanno aperto un mondo, fatto di doping e di pratiche estremamente pericolose che nei peggiori dei casi hanno portato anche alla morte. Gli anni che precedono tutti questi scandali, però, sono ancora avvolti nel mistero. I primi studi scientifici riguardanti le trasfusioni, per evidenziare i possibili vantaggi nello sport, sono apparsi dopo la fine della seconda guerra mondiale. Questi studi non furono in realtà destinati allo sport, ma per combattere l'ipossia dei militari in guerra. Nel 1945, apparse il primo documento: L'effetto di trasfusioni di globuli rossi sulla Tolleranza dell'ipossia degli uomini normali , seguito nel 1947 da:L'aumento della tolleranza d'ipossia degli uomini normali che accompagna la policitemia indotta da trasfusione . In entrambi gli studi il dott.Pace e il suo team sono stati in grado di dimostrare un aumento significativo della resistenza post-trasfusionale. Lo studio che iniziò poi, portò nel giro di una decina d'anni a numerose scoperte, come quella nel 1960, quando Gullbring pubblicò il suo trattato sull' "l'effetto delle variazioni del volume di sangue sul rapporto di impulsi in posizione supina e Montante e durante l'allenamento"Questo lavoro si basava sulla trasfusione di sangue pari a 610ml ad una settimana dopo l'estrazione. Nel 1966 Robinson pubblicò un'altro interessante lavoro dal titolo: "Effetti circolatori di espansione acuta di volume di sangue" sullo studio di trasfusione pari a 1.000 ml di sangue due settimane dopo l'estrazione. Sia Gullbring sia Robinson hanno dimostrarono in cifre i guadagni post-trasfusionali, attestati attorno al due e al tre per cento - anche in  termini di resistenza e VO2 max. All'orizzonte, però, c'erano le Olimpiadi del 1968 in Messico, e si è stato ad una passo dall'accendere la miccia di uno scandalo che avrebbe cambiato tutto lo sport e non solo il ciclismo, molti cercarono infatti durante quei giochi olimpici di emulare gli effetti dell'altitudine in maniera artificialmente. Lo studio chiave arrivò nel 1972, con l' articolo pubblicato da Björn Ekblom e due suoi colleghi presso l'Istituto di Fisiologia della performance a Stoccolma:" Risposte a Esercizio dopo la perdita di sangue e reinfusione . Ekblom e i suoi colleghi hanno osservato un aumento del 16-25% della capacità di resistenza dei soggetti che erano stati "trasfusi" con 800-1.200 ml di sangue quattro settimane dopo l'estrazione.

Gli sviluppi degli Anni 70
Nel 1970 molti furono gli articoli pubblicati sul tema, considerando anche un parziale aumento delle tecniche di sperimentazione. Ogni articolo offriva pareri e tesi divergenti e spesso contraddittorie in merito all'efficacia delle trasfusioni in ambiente sportivo. Nel Regno Unito, JPG Williams e PN Sperryn pubblicarono il loro libro nel 1976, dal titolo Medicina dello Sport, con il quale, in qualche modo, riuscirono a versare acqua fredda sul tema. Se inizialmente si pensò che la ri-trasfusione in soggetti con le proprie cellule rosse dopo un intervallo di quattro settimane potesse offrire migliori prestazioni, successivamente tale tesi fu smentita, il rischio nelle sperimentazioni rimaneva comunque molto alto e bloccò solo in parte gli studi. Ma gli sviluppi non si fermarono di certo. I difetti della procedura, in particolar modo per quanto concerne sia l'identificazione della quantità ottimale di sangue per l'estrazione e re-infusione sia la determinazione del periodo corretto che doveva intercorrere tra le due procedure, furono in parte risolti. L'efficacia delle trasfusioni di sangue fu poi riconosciuta in tutta la comunità sportiva mondiale e medica. La corsa al doping ematico intensificato la sua marcia. Quando il mondo dello sport riconobbe l'efficacia delle trasfusioni si aprì un forte dibattito. Vari documenti indicano quanto già a partire dal 1930 vari corridori scandinavi beneficiarono di trasfusioni, ma non furono resi noti i nomi, in particolare per quanto riguarda la natura delle trasfusioni. Diciamo che serpeggia ancora un certo dubbio su questa presunta verità, pochi infatti i dettagli. Ancora da chiarire come negli anni 30 fu possibile effettuare trasfusioni e in particolar modo sull'uso appropriato di anticoagulanti fondamentali per il processo. 

Il ciclismo con Nencini e Anquetil
Qualcosa di mosse nel 1960, ma non fu mai provato nulla. La storia tra le trasfusioni di sangue e il ciclismo inizierebbe con il racconto dal medico del Tour, Pierre Dumas, uno dei primi leader nella lotta contro il doping. Dumas disse di essere entrato, una sera, nella stanza d'albergo di Nencini, durante il Tour del 1960. Il medico disse di aver visto l'italiano appoggiato sul suo letto, con una sigaretta in bocca e una goccia rossa  su entrambe le braccia. Il quadro della vicenda non fu mai chiaro, e la sospettata sacca di sangue nella camera di Nencini non fu mai trovata. Non ci fu ragione di credere che Gastone Nencini avesse usufruito di una trasfusione per vincere il Tour de France edizione 1960, anno della scomparsa di Fauso Coppi.  Il primo caso effettivo che ha coinvolto il ciclismo è accreditato a Jacques Anquetil, che fu, come tutti sappiamo, un sostenitore dell'aiuto medico nei confronti del ciclismo. E' corretto dire che Anquetil ha praticato una forma di manipolazione del sangue, allora si diceva così, ma praticò a tutti gli effetti quella che oggi si direbbe una trasfusione. Si trattò di una super-ozono terapia, nella quale una piccola quantità di sangue venne estratta, trattata con l'ozono e immediatamente ri-iniettata in circolo. L'ozono farebbe aumentare la quantità di ossigeno trasportabile nel sangue. Ma molti credono ancora che tale tesi sia soltanto una sciocchezza. Che Anquetil usasse questo trattamento non è certo un segreto, Pierre Chany, in un paio di articoli sul Miroir des Sports nel 1967, scrisse molto a questo proposito, in particolare come Anquetil avesse usato il trattamento durante il Giro d'Italia e il suo assalto al record dell'ora nello stesso anno.
Così, ogni giorno durante il suo Giro d'Italia, prima e dopo ogni fase, Anquetil praticava un'iniezione di sangue trattato con ozono. Ma ciò non lo aiutò a vincere la corsa rosa nel 1967: Felice Gimondi e Franco Balmamion finirono davanti a lui. Lo stesso anno il francese rifiutò di sottoporsi al test anti-doping impostogli dall'UCI che non riconobbe il record dell'ora.( Non vorrei sbagliare, ma il 1967 fu l'ultimo anno dove il test non era obbligatorio, dal 1968 l'UCI impose, durante le gare, rigidi e obbligatori controlli). 

Fine I parte 

A cura di: Bosio Beltrame Matteo